WE CARE
Osservare e capire chi e ciò che ci circonda è quello
che insegniamo ai nostri alunni. Aprire gli occhi sulla realtà, comprenderla e
prendersene cura, a cominciare dalla scuola, dal quartiere, dalla città, per
allenare le proprie ali a dispiegarsi e volare alto, lassù fin dove ciascuno
può e vuole arrivare.
Osservare, dunque, capire e prendersi cura, per questo
non abbiamo creduto ai nostri occhi quando, ritornando a luglio per monitorare
l’andamento del progetto, abbiamo trovato il nostro prato selvatico vandalizzato
e derubato delle poche cose che lo delimitavano rispetto all’appezzamento
circostante.
Stiamo parlando di una attrezzatura basilare, quattro
paletti di legno ed una corda, che durante lo svolgersi del nostro progetto
(premiato al primo posto dal WWF Italia nell’ambito del concorso Urban Contest
promosso dall’associazione nel 2024) hanno perimetrato lo spazio adiacente al
muro della palestra, quello scelto per essere dissodato, seminato, osservato,
fotografato e studiato durante tutto l’anno scolastico appena trascorso.
Noi ci abbiamo creduto e con noi anche gli alunni di classe seconda che, con
l’entusiasmo dei loro dodici anni, hanno faticato su quelle zolle come nessuno
poteva immaginare, applicando davvero quella didattica del fare e dell’esperire
che molti promettono, ma che non sempre
tutti alla fine realizzano.
Noi della “Federico II” ci abbiamo creduto e i nostri
semi sono germinati, i fiori sbocciati, le erbe cresciute ed appassite, come
semi, fiori ed erbe sono soliti fare. D’altronde questa è la loro natura.
Lontano dai giardini selvatici che il paesaggista
Gilles Clement ha disseminato a Parigi, diverso dagli wild corners delle scuole
del nord Europa, il nostro prato ha però soddisfatto le aspettative, ha preso
vita e ha fatto il suo naturale percorso.
Quello che stona in questo racconto è che, chiusa la
scuola per le vacanze estive, qualcuno abbia pensato di prelevare le nostre
attrezzature, ripetiamo, quattro paletti di legno ed alcuni metri di corda.
Niente di più e niente di meno di quello che serviva a creare un altro recinto,
forse, oppure a riparare qualcosa di rotto.
Il problema è che quelle suppellettili erano di chi
aveva pensato e realizzato il progetto, delle docenti e degli alunni che ci
avevano speso tempo ed energie. Erano
della scuola, insomma, della comunità…in poche parole, di tutti.
Ciò che non torna è che, ancora una volta, quello che
è di tutti, il bene comune, fossero anche quattro paletti e una corda, è
diventato per magia di uno solo. Sono stati sottratti alla funzione per la
quale erano stati pensati e che, egregiamente, stavano svolgendo.
Peccato, veramente peccato, che ciò sia accaduto, ne
siamo realmente dispiaciuti e ci fa anche un po’ rabbia, perché confidiamo nella
validità dell’esperienza didattica come anche i nostri alunni che non meritano
questo affronto.
Sebbene l’area sembri abbandonata, non è affatto così,
il nostro prato selvatico è vivo ed è oggetto di continua osservazione da parte
della scuola e presto sarà interessato da ulteriori interventi, anche con la
collaborazione dell’Amministrazione Comunale. Quanto accaduto stona con la
volontà della Città di valorizzare il quartiere con interventi di
riqualificazione urbana come la pista ciclabile, la messa a dimora di alberi e
la recente istallazione dell’originale Bibliocabina in Piazzale San Savino. L’edificio
scolastico è in ristrutturazione, ma rimane pur sempre la scuola, punto di
riferimento del quartiere e non terra di nessuno.
Noi, educatori per scelta, ci crediamo. Ai nostri
alunni, alla scuola, al futuro. Crediamo persino che chi ha fatto un errore
possa sempre rimediare e che ciò che è stato tolto possa ritornare al suo
posto.
Coraggio, dunque, è un piccolo passo, ma realmente
significativo per la costruzione di una vera comunità educante.
Prof.sse M.Alessandra Bini, Greta Scorcelletti e
Chiara Serenelli
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